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Il seme e il terreno buono - risonanze dal convegno
20 Aprile 2023
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Crediamo fortemente che il terreno è buono

Riviviamo insieme attraverso le parole del nostro presidente, il convegno diocesano “Il seme e il terreno buono” che quest’anno ha avuto una modalità che ha visto coinvolta l’Azione Cattolica di Brescia, il Meic e la FUCI di di Bergamo e Brescia. Un incontro ricco di spunti di riflessioni che vede i nostri territori più vicini, coinvolti in un ascolto reciproco, toccati quest’anno da un legame particolare che vede Bergamo e Brescia capitale italiana della cultura.

Il convegno diocesano di Azione Cattolica quest’anno ha avuto una modalità che ha visto coinvolta l’Azione Cattolica di Brescia,  il Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) di Bergamo e Brescia e la FUCI (Federazione Universitaria Cattolici Italiani) di Bergamo e Brescia. 

Un incontro ricco di spunti di riflessione in un  cammino che vede i nostri territori più vicini, coinvolti in un ascolto reciproco, toccati quest’anno da questo legame particolare che vede Bergamo e Brescia capitale italiana della cultura e che vedrà anche altri momenti in cui le nostre Associazioni si potranno incontrare.
Un evento che interessa città, diocesi e province vicine, a volte rivali e concorrenti nel tifo calcistico, ma già  unite nella storia da due Papi Santi,  permettendo di ampliare lo sguardo e il pensiero: sentiamo che la cultura non può che fare questo, allargare le vedute, aprire gli sguardi e prospettive, proporre soluzioni e cammini nuovi e rinnovati. Questo ha interrogato le nostre associazioni diocesane in una riflessione comune sul senso della cultura nell’oggi e sul come Cultura e Fede possano continuamente illuminarsi vicendevolmente e dare speranza e senso alla vita di ciascuno. Un convegno che non è stato  un esercizio accademico, ma un’azione concreta per essere seme per il terreno buono. E crediamo profondamente che il terreno è buono.

Perché il seme dia frutto deve incontrare il terreno, quel terreno che va preparato, curato, arato e quindi seminato.

Perché il Vangelo dia frutto deve incontrare la persona, la sua vita, nel tempo e nello spazio della sua vita. 

Il nostro incontrarci da laici organizzati, di Azione Cattolica, di Meic e Fuci e di farlo attraverso un processo che ci porta fuori dal nostro raggio di azione abituale, della nostra diocesi, del nostro territorio, è segno che è possibile anche oggi e qui essere seme e che il terreno è un terreno comune.

Riguardando alle nostre radici non possiamo non evocare il pensiero dei nostri due Papi, Giovanni XXIII e Paolo VI, sulla Chiesa, sulla evangelizzazione e il loro stretto e necessario rapporto con la cultura.

Giovanni XXIII prendeva atto della drammatica distanza tra la Chiesa e il mondo. La Chiesa era chiamata a partecipare alla costruzione di questo mondo nuovo: «In questo momento della storia, la Provvidenza ci porta ad un nuovo ordine di rapporti umani che, per opera degli uomini e al di là delle loro attese, contribuisce al compimento di disegni superiori e inattesi».

Il cammino del Concilio porta così la Chiesa a purificarsi ridefinendo se stessa, quindi si sforza di rinnovare la sua comprensione del mondo attuale.

Nella Gaudium et Spes leggiamo: 

«I cristiani, […] devono ricercare e gustare le cose di lassù, questo tuttavia non diminuisce, anzi aumenta l’importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest’attività, mediante la quale la cultura umana acquista un posto importante nella vocazione integrale dell’uomo. (GS57) I fedeli dunque vivano in strettissima unione con gli uomini del loro tempo, e si sforzino di penetrare perfettamente il loro modo di pensare e di sentire, quali si esprimono mediante la cultura. (GS62)

Nell’esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’, del 1975, Paolo VI osserva che

‘il dramma della nostra epoca è la frattura tra vangelo e cultura’. Da qui l’impegno a promuovere una cultura che si ispira al Vangelo e attraversa la vita umana, la arricchisce, la rende strumento di comprensione fra gli uomini.” 

Ma cosa è la cultura? La relazione proposta dal prof. Luca Ghisleri, docente dell’Università del Piemonte Orientale (sede di Vercelli) è partita proprio da questo interrogativo, in un tempo come il nostro segnato da domande lunghe e risposte brevi, veloci. Segnate cioè dalla velocità che i mezzi di comunicazione attuale ci impongono. La cultura invece richiede tempi lunghi, sedimentazione, riflessione.

Cultura che ha la radice del nome nel “coltivare”, nel prendersi cura di sé e del mondo in cui si vive. Trovare cioè soluzione ai problemi del mondo, “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”, come ci ricorda la I lettera di Pietro. Tutti siamo chiamati a rendere ragione della Speranza che ci abita, tutto il popolo, non solo una parte a cui viene delegato il pensiero e le soluzioni.

Questo apre alla domanda: dove è l’uomo? Che tipo di umanità stiamo costruendo? 

Il secondo intervento del prof. Agostino Giovagnoli ha posto poi l’attenzione sulla cultura politica in un tempo come il nostro in cui la cultura “alta” non intreccia più la cultura delle comunità, in cui il rapporto tra élite e cultura popolare non è più presente. I De Gasperi e i Togliatti erano intellettuali e poi politici. I politici cattolici venivano dalla cultura alta, ma facevano parte di una comunità che è la chiesa cattolica. C’era un consenso sui valori che creava una grande comunità. Oggi invece la cultura politica è legata al tempo e all’immediatezza, al ricevere consenso senza cercare prospettive a lungo termine.

Oggi perciò come cristiani il primo apporto che possiamo dare è quello del far crescere una cultura della fraternità, come ci ricorda Papa Francesco nella “Fratelli Tutti”: aiutiamo il mondo ad acquisire una grammatica della fraternità che renda possibile il dialogo tra culture diverse.

Ci sentiamo spaesati in questo mondo in cui prevale una cultura contrappositiva, in una  dinamica della polarizzazione, alimentata spesso dai social e da una logica semplificativa, binaria: o stai da una parte o dall’altra.

Ma occorre ricordare che alla fine sono gli esseri umani che decidono e che di fronte a una complessità del vivere, occorre anche oggi una cultura alta per poter capire e affrontare la complessità.  

Il Convegno si è poi concluso dopo pranzo con una bella e significativa visita guidata da Silvio Tomasini, Coordinatore delle attività e Rete dei Musei diocesani, in Città alta, in cui si è potuto assaporare, tra le piazze, le pietre degli scavi archeologici sotto il Duomo,   i monumenti,  le  presenze attive di questa cultura illuminata dalla fede che traccia la storia di tutti gli esseri umani.